la storia della porcellana - Fabbrica Bomboniere di Capodimonte Carusio

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la storia della porcellana

Storia...

La produzione ceramica a Napoli è stata ininterrottamente al centro di tutti gli svolgimenti più significativi di quest’arte che si sono succeduti nel Mediterraneo. La produzione della porcellana a Napoli vanta due episodi storici che le hanno conferito un posto di assoluta preminenza, insieme a Sèvres ed a Meissen, nella produzione del settore in Occidente: il breve, ma quanto mai significativo episodio della Real Fabbrica con cui Ferdinando IV di Borbone operò prima a Portici e poi a Napoli. La Real Fabbrica di Capodimonte, aperta da Carlo di Borbone nel 1743, rimase in attività soltanto sedici anni; infatti nel 1759, quando Carlo lasciò Napoli per la Spagna, egli decise di chiudere la più prestigiosa delle sue manifatture reali – quella di Capodimonte appunto – per trapiantarla nella sede del suo nuovo regno, utilizzando le già collaudate maestranze e gli impasti ceramici che tanto avevano contribuito a rendere unica la sua fabbrica della porcellana. Tuttavia, benché il trasloco venisse organizzato con grande metodo e precisione, imbarcando su tre tartane oltre agli artefici con le loro famiglie, l’intero repertorio delle forme, i colori e tutti i materiali esistenti nei magazzini per poter ricominciare prontamente l’attività interrotta a Capodimonte nella nuova sede spagnola del Buen Retiro, il suo progetto, che pure materialmente venne realizzato con successo, non rispose sul piano artistico alle aspettative del sovrano. L’imponderabile elemento umano, basato sulla non codificabile combinazione di sapienza tecnica e di sensibilità artistica, entrambe legate e dipendenti dalle antiche tradizioni locali, che trasposto nelle porcellane di Capodimonte le aveva rese tanto diverse dai pur bellissimi e anche più perfetti prodotti di Meissen, non riuscì ad attraversare il Tirreno e rimase ancorato all’antica sede partenopea. Dopo la chiusura di Capodimonte, Napoli rimase senza una fabbrica di porcellana per circa dodici anni, ossia fin quando il figlio di Carlo di Borbone, il re Ferdinando VI, raggiunta la maggiore età, non decise di rinverdire il successo paterno riaprendo una manifattura dedicata alla lavorazione della porcellana secondo i più moderni criteri organizzativi. Le porcellane Ferdinandee anch’esse divennero un modello inimitabile al quale le molte fabbriche coeve tentarono di rifarsi per trarre ispirazione, sia per le decorazioni e sia per le tecniche di lavorazione. Le vicissitudini politiche, dipendenti dalle campagne napoleoniche, ancora una volta portarono alla chiusura della seconda fabbrica borbonica nel 1806, ma le numerose maestranze, grazie alla ferrea formazione professionale che era stata impartita, furono in grado di continuare ad esercitare autonomamente l’antica arte del gran fuoco. Durante tutto il secolo XIX, infatti, i ceramisti napoletani organizzati in gruppi familiari, che si tramandavano di padre in figlio segreti e accorgimenti di lavorazione, diedero felicemente vita a grandi e meno grandi manifatture o anche a semplici piccoli laboratori. L’antica arte nata con la fabbrica reale di Capodimonte, si perpetua così, adattandosi al mutare dei tempi e delle tecniche, rispondendo con intelligenza alle nuove richieste di mercato, ma salvando sempre il principio di “sfornare” un prodotto artistico legato ideologicamente ai canoni estetici delle tradizioni locali. Oggi sono i piccoli e medi laboratori familiari,tra i quali la Ditta “Giovanni Carusio”, a continuare un ciclo di lavorazione difficile quanto articolato.La realizzazione di un manufatto in porcellana di capodimonte parte dalla foggiatura dell’impasto che si compone di caolino,quarzo e feldspati. Dopo la realizzazione interamente a mano, il manufatto viene lasciato ad essiccare all’aria aperta e successivamente sottoposto alla prima cottura a 1270°C. E’ questa una delle fasi piu’ critiche del ciclo di lavorazione durante la quale si puo’ verificare la rottura dei manufatti. Una volta raffreddato e sfornato, il pezzo è sottoposto alla fase di decorazione mediante l’utilizzo di colori a base di ossidi metallici che, dopo la seconda cottura a 780°C,restano indelebili.La garanzia del prodotto di qualità è assicurata dalle norme dettate nel disciplinare della Lg.188/90 e dal controllo del Consorzio Capodimonte e Il Polo Capodimonte cui la suddetta Ditta aderisce ,oltre che dalla coscienza di ogni singolo artigiano.

 
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